Punt e MES
Trasmissione del 26 gennaio 2023
''''Luciano Barra Caracciolo, presidente di sezione del Consiglio di Stato, oltre che ex sottosegretario agli affari europei, ha recentemente, sulle pagine de La Verità ha cercato di spiegare la nuova riforma del Mes. Lui stesso lo definisce come un “testo complesso, quasi incomprensibile”, ma che in linea di massima dovrebbe prevedere una nuova linea di credito precauzionale “a condizionalità limitate, purché si rispetti i vari indicatori imposti dal patto di stabilità e crescita” destinata ai Paesi in difficoltà.
Un compito, spiega ancora Caracciolo, che prima svolgeva la Banca Centrale Europea, ma che recentemente ha deciso di interrompere l’acquisto di titoli di stato, e che “ritira liquidità dal sistema ed aumenta i tassi di riferimento”. E tutto questo a discapito dell’Italia, che “può solo accedere ad una linea di credito ‘rafforzata’ che però presuppone la richiesta di previa ‘ristrutturazione’ del debito pubblico da parte del Mes. Proprio quel default che si vorrebbe teoricamente scongiurare ricorrendo al Fondo”. Insomma, secondo Caracciolo la nuova riforma del Mes, seppur sulla carta sembri positiva, finirebbe esclusivamente per avvicinare l’Italia al default.
Inoltre, il nuovo Mes, secondo Luciano Caracciolo “induce un’ulteriore accelerazione delle aspettative negative nei mercati finanziari”, introducendola possibilità per il Fondo di svolgere “una preventiva ed autonoma istruttoria estesa anche alla sostenibilità del debito pubblico di ciascuno Stato dell’eurozona (..) a prescindere dalla richiesta di sostegno di un singolo Stato”. Si tratterebbe, spiega, di un rating ufficiale della solvibilità, che “costringerebbe in modo quasi automatico un Paese a ricorrere al Mes”.
Tutto questo, sostiene ancora Caracciolo, “mentre la Bce ‘esce’ per così dire dal suo precedente ruolo di supplente nell’acquisto di titoli del debito pubblico”. “Gli investitori”, spiega tornando sul rating in assenza della Bce che sostiene il debito pubblico, “finiranno per attendere solo la sua valutazione d’ufficio. Riterranno concretizzarsi l’aspettativa di default e venderanno subito i titoli pubblici dei Paesi ‘additati’ da questo rating”. Aggiungendo all’equazione il nuovo meccanismo di sostegno, che secondo Caracciolo “interviene solo ove sia stato esaurito ogni altro fondo di soccorso bancario nazionale (..) con la partecipazione alle perdite di azionisti, obbligazionisti e depositanti“, il quadro sarebbe completo colpendo anche i privati cittadini."
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BARRA A DRITTA
Trasmissione del 18 gennaio 2023
"Continua il rebus Mes per l’Italia.
Malgrado l’ottimismo trapelato da Bruxelles – dove sia il direttore del Mes, Pierre Gramegna, che il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe, hanno lasciato trapelare un cauto ottimismo sui passi avanti fatti dal governo – fonti dell’esecutivo italiano smentiscono la ratifica a breve del Meccanismo europeo di stabilità. A quanto si apprende, fino a quando non ci sarà un atto parlamentare che cambi la posizione espressa nella mozione del 30 novembre scorso, il governo sarà in difficoltà a procedere con la ratifica del meccanismo.
La mozione, che impegnava il governo a non “approvare il disegno di legge di ratifica del Trattato istitutivo del Mes”, rappresenterebbe infatti un freno al sì al meccanismo. Sarebbe un atto di “autosfiducia”, confermano le fonti governative. “La possible ratifica della riforma del Mes da parte dell’Italia sarebbe un fatto positivo”, ha detto il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, arrivando alla riunione dell’Eurogruppo. “La decisione spetta al governo italiano, vediamo in che termini e in che tempi verrà presa”, ha affermato ancora Gentiloni. “Due cose sono sicure. La prima è che l’Italia è stata fra i Paesi che due anni fa hanno deciso questo emendamento allo statuto del Mes, e la seconda è che questo emendamento è utile. Una volta che sarà ratificato, e sono fiducioso sul fatto che tutti i Paesi lo faranno, darà strumenti ulteriori al Mes per affrontare eventuali crisi”, ha aggiunto il commissario. “Ciascun Paese può decidere se utilizzarlo o meno. Ma lo statuto rivisto serve all’insieme degli Stati membri, a prescindere da chi deciderà di utilizzarlo”, ha concluso Gentiloni.
Stando alle fonti del governo, in questo momento non ci sarebbe una maggioranza parlamentare italiana a favore della ratifica del Mes. Sono note, infatti, le posizioni contrarie di Lega e Fratelli d’Italia, anche se sembravano esserci state timide aperture negli ultimi giorni. Anche il vicepressidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, questa mattina aveva parlato di “qualche progresso” all’arrivo a Bruxelles. “Speriamo di poter puntare a una ratifica del trattato Mes in tutta l’Ue”, aveva dichiarato ai cronisti arrivando all’Eurogruppo.
Posizione possibilista è anche quella del presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, che in conferenza stampa ha parlato della ratifica dello Strumento europeo di stabilità. “La Germania ha ratificato con successo il trattato del Mes rivisto e la Croazia sta facendo progressi molto rapidi in merito. Dopo aver visitato Roma la scorsa settimana, voglio riconoscere il lavoro che è in corso su questo importante argomento nel governo italiano”, ha dichiarato. “L’assicurazione che ho ricevuto nel corso della visita è il riconoscimento, da parte del ministro Giorgetti, dell’importanza di questo tema”, ha aggiunto. Dello stesso avviso anche il direttore del Mes Pierre Gramegna. “La scorsa settimana mi sono recato in Italia, dove ho avuto incontri costruttivi sia con il ministro dell’Economia che con il primo ministro”, ha detto. “Abbiamo avuto un ottimo scambio di opinioni e ora tutto è nelle mani del Parlamento italiano. Come tutti i nostri Paesi, l’Italia è una democrazia. Dobbiamo rispettare le procedure in ogni Stato e, in particolare, rispettare il Parlamento italiano”, ha concluso.
Lo stallo sembra legato anche ai tempi di una possible ratifica che, secondo alcune voci da Bruxelles, potrebbe essere usata come possible moneta di scambio per possibili variazioni del Pnrr italiano. “Sono fiducioso sul fatto che il processo di completamento delle ratifiche andrà avanti nella giusta direzione. La decisione spetta al governo italiano, naturalmente”, ha chiosato Paolo Gentiloni nella conferenza stampa finale dell’incontro di oggi, rimandando di fatto la discussione ai prossimi incontri fra le parti."
"Del Mes, Meccanismo europeo di stabilità o Fondo salva-Stati, si è detto apparentemente tutto e di tutto. Negli ultimi giorni si è assistito a un florilegio di proposte su come utilizzarlo: da ente che assorba i titoli di Stato detenuti dalla Bce a “volano per gli investimenti”, fino a fondo di supporto per l’emissione di eurobond. Ipotesi interessanti, anche “un po’ fantasiose”, ma politicamente irrealistiche, afferma Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale nell’Università Cattolica di Milano.
La Meloni pare voler andare diritta verso la ratifica perché rimarremmo soli in Europa, o “perché bloccheremmo anche gli altri”. A fronte di questa confusione converrebbe piuttosto rileggersi il trattato riformato, che attribuisce al Meccanismo una prerogativa apparentemente “innocente” sulla quale è stato detto poco o nulla.
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STRANE FESTE
Trasmissione del 21 dicembre 2022
"Quella che stiamo attraversando è molto più una crisi europea di quanto non sia una crisi americana (ricordando che nel resto del mondo la crisi energetica e alimentare può avere un impatto devastante sui Paesi più poveri). Una grande differenza con la crisi degli anni Settanta, che colpì le due sponde dell’Atlantico. Negli Stati Uniti l’impatto della guerra in Ucraina è stato fortemente positivo sulla produzione militare e non ha creato significativi problemi di autosufficienza energetica. Anzi, l’export di gas naturale liquido (Gnl) è aumentato, e a prezzi molto più alti.
Per la Ue, invece, la dipendenza dal petrolio e dal gas, in sensibile misura proveniente dalla Russia, è molto simile alla dipendenza dal petrolio Opec degli anni Settanta. Vi sono poi differenze sensibili fra Paesi: peggiore la situazione di Germania, Italia, Est Europa; migliore quella degli Iberici, che grazie alle capacità di rigassificazione possono approvvigionarsi di Gnl. Enormi guadagni, a spese degli altri Paesi europei, si stanno determinando per la Norvegia.
Il prezzo del gas è aumentato di venti volte nell’Ue, negli Stati Uniti di tre. Questo accade perché il gas è diverso dal petrolio, il cui mercato internazionale è integrato e nel quale gli aumenti dei prezzi sono stati identici in Europa e Stati Uniti. Vi sono inoltre specifiche difficoltà tecniche e logistiche: il gas transita per i gasdotti che ci sono o, in alternativa, via mare, e richiede impianti di liquefazione in partenza e di rigassificazione in arrivo.
Questo rende molto difficile diversificare rapidamente le forniture e impedisce l’allineamento internazionale dei prezzi. Come ricordato da Valeria Termini, vi è stato poi uno strano "incidente" nel giugno 2022 al terminal di liquefazione del Gas Freeport Lng in Texas, che ha contribuito a mantenere bassi i prezzi interni e altissimi quelli dell’export del gas americano. L’ormai famoso mercato Ttf di Amsterdam, a cui sono legati i prezzi del gas europeo, è altamente volatile e influenzato da azioni speculative.
La risposta comunitaria alla crisi energetica è stata assai modesta e al momento largamente insufficiente, per l’esistenza di diverse condizioni e priorità fra gli Stati membri; non si è ancora riusciti a creare un nuovo mercato più regolato di Ttf. Come negli anni Settanta, la crisi potrebbe non lasciare l’Europa uguale a prima: o si integrerà maggiormente (come avvenne allora prima con il Sistema monetario europeo e poi con l’Atto unico) o correrà seri rischi.
La Banca centrale europea sta attuando politiche fortemente restrittive, con ripetuti e sensibili incrementi dei tassi, nonostante l’inflazione europea sia da costi – non da domanda come quella statunitense – legati ai colossali interventi governativi del 2020-21. Ma la stretta monetaria non riduce i prezzi energetici e quindi direttamente l’inflazione; potrà agire solo inducendo volutamente una recessione in tutti i settori dell’economia, con un conseguente calo della domanda e un progressivo raffreddamento dei prezzi.
La stretta monetaria oggi è molto più rapida e intensa (negli Stati Uniti e in Europa) rispetto agli anni Settanta. Inoltre, l’economia, specie in Italia, è molto meno indicizzata di quanto fosse allora. Questi due aspetti, in positivo, possono determinare una trasmissione più lenta dell’inflazione: l’ultimo Outlook del Fondo monetario mostra che non vi è evidenza di spirali prezzi-salari. Ma questo può determinare, rispetto ad allora, anche un impatto maggiore sul potere d’acquisto dei cittadini e sull’occupazione. Inoltre, oggi c’è l’euro: quindi è impossibile il fortissimo deprezzamento della lira degli anni Settanta, rispetto ai partner europei. Anche questo riduce la trasmissione dell’inflazione, ma anche lo sfogo sull’export della produzione."
Continua su https://www.rivistailmulino.it/a/un-lungo-inverno
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Enrico Mattei ed il Progetto del gasdotto ALgeria-Italia (1960)
Estratto da DEMOCRACY-CAP? del 14 dicembre 2022
Giuseppe Liturri legge un passo del libro "Italia nel Petrolio"
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DEMOCRACY-CAP?
Trasmissione del 14 dicembre 2022
«Esiste oggi una forma di antifascismo archeologico che è poi un buon pretesto per prendersi una patente di antifascismo reale. Si tratta di un antifascismo facile facile che ha per oggetto ed obiettivo un fascismo arcaico che non esiste più e che non esisterà mai più.
Partiamo dal recente film di Naldini: Fascista. Ebbene quel film, che si è posto il problema del rapporto fra un capo e la folla, ha dimostrato che sia quel capo, Mussolini, che quella folla sono due personaggi assolutamente archeologici. Un capo come quello oggi è assolutamente inconcepibile non solo per la nullità e per l'irrazionalità di quello che dice, per il nulla logico che sta dietro quello che dice, ma anche perché non troverebbe assolutamente spazio e credibilità nel mondo moderno. Basterebbe la televisione per vanificarlo, per ucciderlo politicamente.
Le tecniche di quel capo andavano bene su di un palco, in un comizio, di fronte alle folle oceaniche, non funzionerebbero assolutamente su uno schermo a 22 pollici... Ecco perché buona parte dell'antifascismo di oggi, o almeno di quello che viene chiamato antifascismo, o è ingenuo e stupido o è pretestuoso e in malafede: perché dà battaglia o finge di dar battaglia ad un fenomeno morto e sepolto, archeologico appunto, che non può più far paura a nessuno. È insomma un antifascismo di tutto comodo e di tutto riposo...
Io credo, io credo profondamente che il vero fascismo sia quello che i sociologi hanno troppo bonariamente chiamato la società dei consumi. Una definizione che sembra innocua, puramente indicativa. E invece no. Se uno osserva bene la realtà, e soprattutto se uno sa leggere intorno negli oggetti, nel paesaggio, nell'urbanistica e, soprattutto, negli uomini, vede che i risultati di questa bonaria e grassoccia società dei consumi sono i risultati di una dittatura, di un fascismo bello e buono.
Nel film di Naldini noi abbiamo visto i giovani inquadrati, in divisa. Ma se noi guardiamo i giovani di oggi, anch'essi sono inquadrati, in divisa. Con una differenza però. Allora i giovani, nel momento stesso in cui si toglievano la divisa e riprendevano la strada verso i loro paesi e i loro campi, ritornavano gli italiani di cento, di cinquant'anni addietro, come prima del fascismo. Il fascismo in realtà li aveva resi dei pagliacci, li aveva repressi, e forse in parte anche convinti, ma non li aveva toccati sul serio nel fondo dell'anima, nel loro modo di essere.
Questo nuovo fascismo, questa società dei consumi, invece, ha profondamente trasformato i giovani, li ha toccati nell'intimo, ha dato loro altri sentimenti, altri modi di pensare, di vivere, altri modelli culturali. Non si tratta più, come all'epoca mussoliniana, di una irreggimentazione superficiale, scenografica, ma di una irreggimentazione reale che ha rubato e cambiato la loro anima. Il che significa, in definitiva, che questa civiltà dei consumi è una civiltà dittatoriale.
Insomma se la parola fascismo significa la prepotenza del potere, la società dei consumi ha bene realizzato il fascismo... Secondo me, la vera intolleranza è quella della società dei consumi, della permissività fatta cadere dall'alto, voluta dall'alto, che è la vera, la peggiore, la più subdola, fredda e spietata forma di intolleranza. Perché è intolleranza mascherata da tolleranza. Perché non è vera. Perché è revocabile ogni qualvolta il potere ne senta il bisogno. Perché è il vero fascismo da cui viene poi l'antifascismo di maniera: inutile, ipocrita, sostanzialmente gradito al regime».
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GIOCHI SPORCHI
Trasmissione del 6 dicembre 2022
"Con più contante Pnrr a rischio? Una balla clamorosa. Sul contante giocano sporco contro l'Italia.
Massiccia campagna per spacciare un falso, ovvero che le misure sul Pos sarebbero contrarie al Pnrr. Ma non è così: ecco i documenti.
Chi insiste lo fa per metterci in difficoltà sugli altri tavoli negoziali dell'UE.
L'Europa non ci ha chiesto di fissare una soglia, chi dice il contrario vuole solo metterci in difficoltà con Bruxelles."
"Tetto ed embargo al petrolio russo: Europa verso la tempesta perfetta.
Da lunedì saranno vietate le importazioni e le nostre aziende potranno operare all'estero solo con prezzi sotto i 60 dollari al barile.
Misura difficile e potenzialmente dannosa. Perfino Zelenskyi dice «Non è seria»"
"Dire di no al MES non è solo giusto: serve a cambiare il Patto di Stabilità.
Il punto debole è che il Meccanismo nasce vecchio: dalla firma sono passati quasi due anni con una pandemia e una guerra in mezzo.
Non approvarlo è un'opportunità negoziale da sfruttare per non essere penalizzati"
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YES, WE CAN ('T)
Trasmissione del 29 novembre 2022
"Solo la circolazione trasforma i crediti di imposta da beneficio sulla carta a moneta sonante. Che cosa farà il governo Meloni?
C’è un elefante nella stanza del governo. E non è la legge di bilancio, ma i crediti di imposta. Tutti, sia quelli in gran parte relativi ai bonus edilizi, ereditati dai governi Conte 2 e Draghi, che quelli appena concepiti per il mese di dicembre e per il primo trimestre 2023 per mitigare l’impatto dei costi dell’energia sulle imprese.
Sono più importanti della legge di bilancio per un semplice motivo: le cifre in discussione sono molto più elevate e quindi altrettanto importante l’impatto sull’economia del Paese.
Ci sarà tempo e modo per discutere di tutti i dettagli della legge di bilancio durante le prossime settimane. Ma si tratterà, appunto, di dettagli. Importanti sotto l’aspetto redistributivo tra i diversi settori e categorie, ma il saldo netto non potrà cambiare e sarà sempre quel 4,5% di deficit/PIL, già ufficiosamente accettato dalla Commissione.
Questa manovra dispone poco più di 30 miliardi di nuove misure, finanziandole per 21 miliardi in deficit (aumentando il deficit/PIL tendenziale da 3,4% a 4,5%) e per la restante parte attraverso la solita partita di giro di aumento di altre tasse o tagli di spese.
I crediti di imposta maturati al 31 ottobre, solo col superbonus, sono pari a 42 miliardi per lavori conclusi che salgono a 60 miliardi osservando le detrazioni previste a fine lavori. I crediti di imposta per imprese energivore, gasivore e non energivore e gasivore, sono partiti nel primo trimestre e poi, a partire dal secondo trimestre, proseguiti con aliquote di agevolazione crescenti ed ampliando anche la platea dei beneficiari.
Non abbiamo dati sui crediti maturati, ma disponiamo degli stanziamenti man mano inseriti nei vari decreti “Aiuti”. L’ultimo trimestre 2022 vale circa 13 miliardi, all’incirca lo stesso valore per il primo trimestre 2023 appena inserito nella legge di bilancio. E siamo a circa 26 miliardi. Le stime per i primi tre trimestri del 2022 riportano altri 6 miliardi circa. Arriviamo quindi a benefici complessivi, per le sole imprese, pari a circa 32 miliardi. Poco più della legge di bilancio per l’intero 2023. Con l’essenziale differenza che queste sono somme teoricamente già disponibili per le imprese e già incluse nei saldi dell’indebitamento netto e del debito pubblico. Sommando i 32 miliardi dei crediti da bonus energia ai 60 da superbonus, arriviamo ad oltre 90 miliardi. Tre volte la legge di bilancio.
Oggi non sappiamo quanta parte di questi sia stata già compensata e quanta parte giaccia nei cassetti fiscali dei beneficiari o dei cessionari. Non sappiamo nemmeno quanta parte di queste somme sarà effettivamente compensata negli anni successivi o sarà definitivamente persa. I bonus a favore dell’energia hanno peraltro una “data di scadenza” ben più ravvicinata, fissata al 30 giugno 2023 per quelli del secondo semestre 2022 ed al 31 dicembre 2023 per quelli del primo trimestre 2023.
Come già illustrato a proposito del superbonus e degli altri bonus dell’edilizia, l’effettiva fruibilità del beneficio per il contribuente è decisivamente condizionata dalla propria capienza fiscale, cioè dalla disponibilità di debiti verso il fisco da opporre in compensazione. Entra così in scena lo strumento della cessione (e sconto in fattura per il superbonus), che oggi la legge consente una sola volta a favore di qualsiasi altro soggetto ed altre due volte solo a favore di soggetti bancari, con possibilità di una quarta cessione a favore di clienti con partita IVA della banca.
Ora è un fatto oggettivamente ineludibile e banale che, senza capienza fiscale, solo la circolazione di questi crediti li trasforma da beneficio sulla carta a moneta sonante. E ci può essere un mercato solo se ci sono compratori. E questi ultimi esistono solo se ci sono ragionevoli probabilità di compensare in proprio quei crediti fiscali o trovare altri compratori. Limitare la circolazione li rende carta straccia.
Inutile girarci intorno e meglio chiamare le cose col loro nome. Con la saturazione della capienza fiscale del settore bancario (pari a circa 16 miliardi) e con la progressiva saturazione fiscale degli altri soggetti privati, la circolazione di questi crediti aumenterebbe sicuramente la probabilità di compensazione, ma avverrebbe perlopiù sotto forma di strumento accettato volontariamente come liberatorio di un’obbligazione di pagamento.
Senza oneri aggiuntivi per lo Stato, in quanto il sottostante credito di imposta è già incluso nel debito e nel deficit e, anzi, circolando senza che avvenga mai la compensazione, si allieverebbe l’onere per lo Stato in termini di cassa."
Continua su:
https://www.startmag.it/economia/ce-un-elefante-nella-stanza-del-governo-i-crediti-di-imposta-ecco-perche/
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GRANDI MANOVRE
Trasmissione del 23 novembre 2022
"Taglio del cuneo rafforzato fino a 3 punti per i redditi bassi, superamento della legge Fornero con una soluzione 'ponte' che vincola quota 41 al paletto dei 62 anni di età, una stretta sul reddito di cittadinanza per la quale si valuta anche il possibile taglio dell'assegno.
Tra punti fermi e misure che saranno limate fino all'ultimo momento la manovra prende forma e si prepara al varo atteso nelle prossime ore in consiglio dei ministri. Una legge di bilancio che va verso i 32 miliardi, di cui i due terzi (21 miliardi in deficit) destinati tutti all'emergenza energia.
Sulle altre misure pende la scure delle coperture finanziarie, da trovare nello stesso settore di intervento. Un incastro non facile, cui si aggiungono i tempi strettissimi e non si esclude che venga anticipato da una riunione tecnico-politica per ultimare il pacchetto di misure, che potrebbero essere definite nel dettaglio anche dopo il varo della manovra che arriverà insieme al Documento programmatico di bilancio da inviare a Bruxelles.
Sull'Iva la quadra non sarebbe ancora stata trovata. L'ipotesi di azzerarla o ridurla su pane, pasta e latte era emersa dopo il vertice di governo di venerdì. Guardano con favore all'intervento Lega e Forza Italia. Però la misura, che costerebbe quasi mezzo miliardo ma che secondo i consumatori porterebbe nelle tasche dei cittadini un beneficio di soli 21 euro, sarebbe ancora oggetto di valutazione. Potrebbe restare sui prodotti di prima infanzia. Si ragiona anche sulla stretta (con la quale si cercano risorse per 1,5-2 miliardi) al Reddito di cittadinanza: sul come si sta ancora discutendo in queste ore.
Tra le certezze, oltre al pacchetto dedicato all'energia (che conterrà quasi sicuramente sconto benzina e crediti di imposta rafforzati per le imprese), per il cuneo fiscale si va verso una replica del taglio di 2 punti introdotto dal governo Draghi per i redditi fino a 35mila euro, mentre il taglio sarà incrementato a 3 punti per le fasce più fragili, con reddito inferiore a 20mila euro. Resta da capire a chi andrà il beneficio: Confindustria aveva chiesto un terzo alle imprese; ma Fazzolari assicura, sarà "tutto a sostegno del lavoratore".
Per le pensioni la formula trovata per superare la legge Fornero è "41 + 62", una soluzione ponte, spiega Durigon, per dedicare l'anno prossimo a mettere in piedi una "riforma pensionistica complessiva" insieme alle parti sociali. Sulla flat tax resterebbe confermato l'aumento della soglia (da 65 a 85mila euro) per autonomi e partite Iva, mentre sembra perdere quota l'ipotesi di introdurre anche una flat tax incrementale. Nella tanto voluta 'tregua fiscale' rimarrebbe l'azzeramento delle cartelle sotto i mille euro, mentre è accantonato lo scudo fiscale per i capitali all'estero. Per le famiglie si pensa ad incrementare l'assegno unico e ad un intervento sui congedi parentali. Dopo la green web tax sulle consegne spunta la tassa sui giochi, ma l'ipotesi non trova conferme. Sicura invece la rimodulazione degli extraprofitti, anche se manca ancora la soluzione definitiva. L'idea è di basare il calcolo sugli utili e di alzare la tassa dal 25%: si studia una forchetta tra il 30 e il 33% e la scelta dipenderebbe dalla decisione che verrà presa sul taglio dell'Iva.
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ROMANZO QUIRINALE
Trasmissione del 16 novembre 2022
"Trattato del Quirinale: un esempio di diplomazia lungimirante
Una relazione bilaterale più stabile
Italia e Francia hanno forti legami commerciali, specialmente nei settori automobilistico, farmaceutico, elettronico e agro-alimentare. Nel 2019, cioè l’ultimo anno ‘normale’ su cui si hanno dati completi, il commercio bilaterale ammontava a circa 80 miliardi di euro. L’Italia è il terzo fornitore di beni della Francia e il suo terzo mercato di esportazione. Le due economie hanno anche sistemi produttivi integrati, con 1700 aziende italiane attive in Francia e tremila francesi in Italia. La Francia è il principale investitore estero in Italia, con uno stock del valore di 88 miliardi nel 2020. Anche se sono molto più indietro, gli investimenti italiani in Francia sono cresciuti regolarmente. Fusioni italo-francesi hanno inoltre creato giganti globali come EssorLuxottica e Stellantis (fusione alla pari tra Fca e Psa).
Il quadro non è naturalmente tutto roseo. Il veto del governo francese sull’acquisizione dei cantieri Stx da parte di Fincantieri non è stato apprezzato a Roma. Alle irritazioni italiane sulla percepita assenza di reciprocità si accompagnano disaccordi su altre questioni, dalla gestione della frontiera di Ventimiglia al sostegno a parti avverse in Libia. Anche la cooperazione in aree di maggiore convergenza, come l’azione di controllo dei flussi migratori e controterrorismo nel Sahel o lo sfruttamento delle risorse energetiche nel Mediterraneo orientale, non è sempre stata ottimale.
I funzionari francesi e italiani si sono così persuasi da tempo della necessità di governare meglio la complessità della relazione bilaterale. Avviati nel tardo 2017, i contatti per un trattato si sono bruscamente interrotti a inizio 2019, dopo il ritiro dell’ambasciatore francese in protesta contro l’incontro tra Luigi Di Maio, allora ministro dello Sviluppo economico, e i ‘gilet gialli’, i dimostranti francesi anti-Macron. Il disgelo è arrivato solo dopo che il Pd ha sostituito la Lega come partner di governo del M5S. Ma è con la nomina a primo ministro di Mario Draghi, legato al presidente Emmanuel Macron da una forte convergenza di vedute su integrazione e politica estera europea, che il negoziato subisce l’accelerazione che porta alla firma.
Un equilibrio europeo ricalibrato
Il Trattato del Quirinale crea una fitta rete di interazioni formali a molteplici livelli e tra diverse agenzie, comprensiva di un vertice intergovernativo annuale, di una serie di forum ministeriali di consultazione permanente, e programmi congiunti di formazione e scambio di funzionari. Tra le aree di cooperazione spiccano gli affari esteri; sicurezza e difesa; affari europei; giustizia e affari interni; migrazioni; cultura e società; ricerca; e cooperazione economica e industriale, specialmente nello spazio e nell’innovazione digitale (intelligenza artificiale, cloud e 5G-6G).
Il trattato non produrrà un allineamento strategico permanente. Esso però crea canali istituzionali permanenti attraverso i quali prevenire e gestire i conflitti, così come per definire posizioni o azioni comuni. Il risultato dovrebbe essere infine una partnership più solida che aumenti lo status di Francia e Italia in Europa, soprattutto rispetto alla Germania, considerata il vero ‘bersaglio’ del trattato italo-francese. Un elemento di bilanciamento è in effetti innegabile.
Il progetto di integrazione
Tre sono le politiche Ue dove il maggior coordinamento italo-francese creato dal Trattato del Quirinale dovrebbe fare la differenza. La prima è la governance dell’eurozona, che Francia e Italia vogliono riformare in modo da renderla più capace di avviare misure fiscali anti-cicliche, per esempio rendendo permanenti alcuni elementi di Next Generation EU (il fondo per la ripresa post-covid) come la capacità della Commissione di emettere debito sui mercati.
La seconda politica riguarda la governance della migrazione (dal controllo delle frontiere alla gestione dei flussi irregolari a quella dei migranti regolari), che Roma e Parigi vorrebbero elevare al livello di quella dell’eurozona, come recentemente auspicato da Macron.
In conclusione, il Trattato del Quirinale è un atto di diplomazia lungimirante che dovrebbe dare maggiore stabilità a una relazione politica complessa, espandere i legami economici e culturali e spingere verso un avvicinamento in politica estera, il tutto rafforzando l’identità europea di entrambi i Paesi. Se anche i successori di Macron e Draghi dovessero essere meno allineati, ignorare del tutto i meccanismi di consultazione istituzionale creati dal trattato sarà difficile. Nel volatile mondo delle relazioni internazionali difficilmente esistono polizze assicurative migliori."
Da Affari Internazionali, 31 dicembre 2021
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Democrazia e informazione
Trasmissione del 20 novembre 2018
Antonello e Sergio discutono sul tema fondamentale, informazione e democrazia (una democrazia sotto attacco)
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I PRIMI PASSI
Trasmissione del 10 novembre 2022
Il Governo Meloni si presenta a Bruxelles tra indiscrezioni e anticipazioni sapientemente filtrate sui giornali internazionali.
Poi la prima prova, la Nadef.
Le reazioni dei mercati e dei media - senza dimenticare che c'è ancora una guerra in corso, l'inflazione sembra inarrestabile, la produzione è a picco e l'inverno freddo non è ancora cominciato.
Ne parlano in diretta streaming Giuseppe Liturri, Sergio "Durezza" Giraldo, Musso e Pietro Bargagli Stoffi
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EQUILIBRI PRECARI
Trasmisssione del 3 novembre 2022
Mai come adesso il pianeta è sospeso sull'orlo di un baratro.
E pare ci sia chi lo sta spingendo alle spalle.
Ne parliamo con Giuseppe Liturri, Sergio "Durezza" Giraldo e Musso
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La prova dei fatti
Trasmissione del 27 ott 2022
"L'Italia è a pieno titolo parte dell'Occidente e del suo sistema di alleanze. Stato fondatore dell'Unione Europea, dell'Eurozona e dell'Alleanza Atlantica, membro del G7 e ancor prima di tutto questo, culla, insieme alla Grecia, della civiltà occidentale e del suo sistema di valori fondato sulla libertà, l'uguaglianza e la democrazia; frutti preziosi che scaturiscono dalle radici classiche e giudaico cristiane dell'Europa.
Ovviamente non mi sfuggono la curiosità e l'interesse per la postura che il governo terrà verso le istituzioni europee. O ancora meglio, vorrei dire dentro le istituzioni europee.
Perché è quello il luogo in cui l'Italia farà sentire forte la sua voce, come si conviene a una grande nazione fondatrice. Non per frenare o sabotare l'integrazione europea, come ho sentito dire in queste settimane, ma per contribuire ad indirizzarla verso una maggiore efficacia nella risposta alle crisi e alle minacce esterne e verso un approccio più vicino ai cittadini e alle imprese.
Noi non concepiamo l'Unione Europea come un circolo elitario con soci di serie A e soci di serie B, o peggio come una società per azioni diretta da un consiglio di amministrazione con il solo compito di tenere i conti in ordine. L'Unione Europea per noi è la casa comune dei popoli europei e come tale deve essere in grado di fronteggiare le grandi sfide della nostra epoca, a partire da quelle che gli Stati membri difficilmente possono affrontare da soli. Penso agli accordi commerciali, certo, ma anche all'approvigionamento di materie prime e di energia, alle politiche migratorie, alle scelte geopolitiche, alla lotta al terrorismo. Grandi sfide, di fronte alle quali l'Unione Europea non sempre si è fatta trovare pronta.
Perché come è stato possibile, ad esempio, che un processo di integrazione nato come comunità del carbone e dell'acciaio nel 1950 si ritrovi a distanza di più di 70 anni - e dopo aver esteso a dismisura le materie di propria competenza - a non avere soluzioni efficaci proprio in tema di approvvigionamento energetico e di materie prime?
Chi si pone questi interrogativi non è un nemico o un eretico, ma qualcuno che vuole contribuire a una integrazione europea più efficace nell'affrontare le grandi sfide che l'attendono, nel rispetto di quel motto fondativo che recita 'Uniti nella diversità".
La strada per ridurre il debito non è la cieca austerità imposta negli anni passati e non sono neppure gli avventurismi finanziari più o meno creativi. La strada maestra è la crescita economica, duratura e strutturale.
E per conseguirla siamo naturalmente aperti a favorire gli investimenti esteri: se da un lato contrasteremo logiche predatorie che mettano a rischio le produzioni strategiche nazionali, dall'altro saremo aperti ad accogliere quelle imprese straniere che sceglieranno di investire in Italia, portando sviluppo, occupazione e know-how in una logica di benefici reciproci.
Negli ultimi vent'anni l'Italia ha avuto in media un governo ogni due anni, cambiando spesso anche la maggioranza di riferimento. E' la ragione per la quale i provvedimenti che garantivano sicuro e immediato consenso hanno sempre avuto la meglio sulle scelte strategiche. E' la ragione per la quale le burocrazie sono spesso diventate intoccabili e impermeabili al merito. E' la ragione per la quale la capacità negoziale dell'Italia nei consessi internazionali è stata debole. Ed è la ragione per la quale gli investimenti stranieri, che mal sopportano la mutevolezza dei governi, sono stati scoraggiati".
Ed è la ragione la quale siamo fermamente convinti del fatto che l'Italia abbia bisogno di una riforma costituzionale in senso presidenziale, che garantisca stabilità e restituisca centralità alla sovranità popolare. Una riforma che consenta all'Italia di passare da una "democrazia interloquente" ad una "democrazia decidente".
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I soldi sono finiti - Giuse @rubino7004
Trasmissione del 19 gennaio 2019
I soldi sono finiti
Miti, credenze e superstizioni nella teologia liberista
#isoldisonofiniti | Giuse @rubino7004 | #libertàdipensiero #megliodinienteradio
Quante volte avete sentito ripetere da politici, giornalisti ed esperti della materia economica che i soldi sono finiti?
Ecco il grande dogma su cui si fonda tutta la teologia liberista: il paradigma della scarsità.
La moneta è comunemente considerata un bene raro alla stregua di un diamante o di un metallo prezioso.
Pare che non ce ne sia più, che sia finita.
Per sostenere questa credenza, gli esperti del “pensiero unico in economia” sviluppano tutta una serie di teorie che hanno a che fare più con il trucco e con la magia che con la scienza economica.
La scarsità indotta incide profondamente sulle nostre vite.
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ANDRÀ TUTTO BENE...
Trasmissione del 12 ottobre 2022
Inflazione annua timata tra il 9 e l'11 percento; razionamenti energetici; ecatombe di imprese in vista; disoccupazione fuori controllo; povertà in aumento. E, come se non bastasse, tornano ad aumentare i contagi di Covid in corrispondenza della stagione autunnale e invernale.
L'Occidente continua a foraggiare un'escalation militare in Ucraina fornendo armi sempre più potenti, sofisticate e a lunga gittata al governo di Kiev.
Cosa può ancora andare storto?
Una guerra nucleare.
Ma... "Andrà tutto bene".
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ESCALATION
Trasmissione del 5 ottobre 2022
"Le operazioni di sabotaggio sono avvenute al largo dell’isola danese di #Bornholm, molto lontano dalle coste russe, e nel cuore di acque controllate da paesi #NATO
I russi hanno le capacità per compiere una simile operazione? Teoricamente sì, ma si tratta di un’operazione estremamente pericolosa e complessa. L’impiego di sottomarini può essere escluso. L’ipotesi più probabile è invece il ricorso a sommozzatori (estremamente complesso e pericoloso, data la discreta profondità) o droni subacquei. In entrambi i casi ci sarebbe la necessità di navi di appoggio, facilmente individuabili.
L’isola di Bornholm appartiene alla Danimarca, un alleato chiave degli USA, ed è rilevante nelle operazioni militari della #NATO e dei paesi partner dell’Alleanza nel #Baltico. Lo scorso aprile, i russi protestarono per l’annunciata intenzione della #Danimarca di permettere il dispiegamento di soldati USA sull’isola, situata a poca distanza dal tracciato dei due gasdotti.
Operazioni militari USA sono state condotte al largo dell’isola alcuni giorni fa. Inoltre, le esercitazioni militari BALTOPS, incentrate su operazioni di sminamento sottomarino, vengono condotte ogni anno al largo dell’isola da forze navali #USA e #NATO (quest’anno si sono tenute a giugno, con il nome di #BALTOPS22). E’ interessante notare che tali esercitazioni hanno sempre una funzione “dual-use”, cioè difensiva ed offensiva (mine warfare), ed includono l’impiego di droni sottomarini ed altre soluzioni tecnologiche avanzate." (Roberto Iannuzzi, @riannuzziGPC, Intelligence for the people, https://robertoiannuzzi.substack.com)
Eliminata l'arma del Nord Stream 2 -sempre pronto a funzionare- (e del Nord Stream 1 in funzione) alla Russia rimane l'arma della deterrenza atomica. La dottrina nucleare di Mosca prevede la possibilità di impiego per ogni tipo di attacco contro il territorio russo, e l'annessione di fatto dei territori ucraini di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia estende a queste regioni l'applicazione immediata della dottrina.
Quanto fa sul serio Putin, e quanto siamo disposti noi - come occidentali e come Repubblica Italiana - a seguirlo sulla strada del confronto nucleare?
Quali messaggi del futuro governo di Cdx, non solo sulla guerra in Ucraina ma anche sui rapporti con UE e con la Germania?
La quale vara un piano da 200 miliardi in piena autonomia e che con Habeck avverte: "Chi mi dice cosa succede se non arriva abbastanza gas all'Unione europea? Finora mi è stato detto solo che la carenza sarà ridistribuita in tutta l'Europa. Ma questo politicamente non basta, rischia di portare l'Ue al limite se non alla sua fine".
In questo momento di debolezza di Bruxelles, si può sedere ai tavoli e negoziare con maggiore fermezza?
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IL GIORNO DOPO
Trasmissione del 28 settembre 2022
"A noi!" titola il Manifesto del 26 settembre, mostrando di saper accettare le vittorie, come le sconfitte, con calma, dignità e classe.
Fa eco un Gad Lerner ancor più raffinato e moderato del solito pubblica un una foto di Giorgia Meloni che tiene in mano due meloni (cucumis melo) facendo credere che sia la prima foto postata dalla Meloni una volta divenuta premier (ma era una foto del giorno prima, durante il silenzio dei comizi; e la nomina a Presidente del Consiglio, ovviamente, non c'è mai stata).
"Per vincere ha cercato di rassicurare, ma non c'è nulla di rassicurante", chiosa la prima pagina di Domani.
Ma il titolo a cui prestare le maggiori attenzioni è quello del Sole24ore: "Tutte le mine per il nuovo governo".
C'è poi anche il tema dell'equilibrio della coalizione di Centrodestra in cui Lega e Forza Italia valgono ciascuna 3 volte e mezzo meno di Fratelli d'Italia: che alchimia si potrà costruire - e mantenere - in un contesto così squilibrato tra un padrone e due servitori?
Ci sarà una svolta portata avanti da due forze - una volta - eurocritiche, o finiranno per voler piacere all'establishment europeista e atlantista, ottenendone il riconoscimento, diventando "più realisti del re"?
Ne parleranno Fabio Dragoni, Giuseppe Liturri, Sergio "Durezza" Giraldo e Musso con Pietro BargaglI Stoffi.
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AFFINITÀ ELETTIVE?
Trasmissione del 26 settembre 2022
Il commento dei risultati elettorali sarà il centro della trasmissione di oggi di "Cronache del vincolo esterno".
Gilberto Trombetta e Filippo Burla affronteranno con Pietro Bargagli Stoffi le reazioni e le prospettive del futuro Governo, ma anche le pesanti "palle al piede" che il prossimo esecutivo si troverà a dover affrontare sin da subito, eredità scomode del precedente Governo dei Migliori.
Si parlerà anche del vincolo esterno mai come in queste ultime elezioni fatto palese dalle dichiarazioni dell'Amministrazione Biden e dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, e molto altro ancora.
- Filippo Burla è membro della redazione economica del Primato Nazionale ed autore del saggio "Tornare potenza. Dieci tesi economiche per l'Italia".
- Gilberto Trombetta, giornalista e addetto stampa - già candidato alla carica di Sindaco di Roma per "Riconquistare l'Italia"- è stato candidato per "Italia Sovrana e Popolare" alle ultime elezioni.
- Pietro Bargagli Stoffi, ricercatore dell'Università Politecnica di Losanna, è autore di "Uropia il protocollo Maynards", thriller distopico sul tramonto della Democrazia nella UE.
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UN MONDO NUOVO
Trasmissione del 21 settembre 2022
La guerra in Ucraina è stato solo uno degli ultimi sintomi del cambiamento epocale dell'equilibrio geopolitico globale in corso da un decennio: era il 15 novembre del 2012 quando Xi Jinping veniva proclamato Segretario generale del Partito Comunista Cinese.
Mentre negli Stati Uniti si susseguivano governi tra i più deboli e contestati della storia a stelle e strisce, il Presidente cinese metteva in chiaro i piani cinesi per tornare "Terra di mezzo", che non significa affatto la regione che sta in mezzo alle altre, ma quella che sta al centro del mondo per svolgere il ruolo di guida egemone sul pianeta: un mondo nuovo.
Fra cinque giorni, intanto, si concluderà lo spoglio delle elezioni poitiche in Italia: si realizzerà un inatteso pareggio con tre forze politiche (FdI, PD, M5S) sostanzialmente alla pari e non in grado di governare con i propri alleati naturali? Si andrà verso un nuovo governo tecnico sostenuto da maggioranze improbabili e di fatto mai premiate dall'elettorato nel corso degll'ultimo decennio?
O ci sarà una maggioranza solida e compatta, in grado di governare per l'intera legislatura?
Quand'anche questo scenario dovesse prevalere sul primo, possiamo davvero pensare ad un "mondo nuovo" per il nostro Paese, dove le politiche fondamentali segnino finalmente la necessaria ed attesa inversione di tendenza?
Nel frattempo, un mondo nuovo è quello con cui stiamo già facendo i conti: un mondo fatto di eventi atmosferici estremi in cui convivono siccità, incendi, inondazioni e gelate.
Un contesto catastrofico nel quale (manco a farlo apposta?) ci "prepariamo" a reagire a contrario: con razionamenti energetici, riscaldamenti spenti a distanza, green deal - ma con tanto di lasciapassare verde per l'energia nucleare - prezzi alle stelle, titoli di stato in balia della materna "mano invisibile" del mercato - ma, in realtà, estremamente visibile e matrigna degli speculatori.
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Cosa ci aspetta?
Trasmissione del 13 settembre 2022
"Noi prendiamo una decisione in una stanza, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo di vedere cosa succede. Se non provoca proteste o rivolte, è perché la maggior parte delle persone non ha idea di ciò che è stato deciso; allora npoi andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno" (Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione Europea dal 2014 al 2019).
Rispetto al marzo 2020 - quando riuscì a varare gli acquisti "pandemici" - oggi la BCE appare davvero all'angolo.
Nel frattempo, il mercato europeo del gas - che era già disfunzionale da anni - arrivata la crisi è diventato una sorta di "corsa al rattoppo".
Fabio Dragoni, Giuseppe Liturri, Musso e Sergio "durezzadelvivere" Giraldo con Pietro Bargagli Stoffi commentano tutti i vecchi errori dell"UE che ci hanno fatto finire nei guai, tutte le incognite della BCE sui titoli di stato, e ci parleranno di pacchetti e pacchi da Bruxelles, razionamenti e "risparmi", il metodo Juncker, comizi elettorali ed altro ancora.
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L'agenda Dragoni
Trasmissione del 7 settembre 2022
Fabio Dragoni, Sergio "durezza" Giraldo e Musso parleranno con Pietro Bargagli Stoffi delle prossime elezioni del 25 settembre, di energia e tetto al prezzo del gas, riciclaggio ed extra profitti, di bilancio pubblico e Pnrr, inflazione ed altro ancora.
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L'eredità di Draghi (I pozzi avvelenati)
Trasmissione del 6 settembre 2022
Il governo dimissionario di Mario Draghi si appresta ad uscire di scena (sicut erat in votis, secondo alcuni).
Ma quel sarà l'eredità con la quale un futuro esecutivo - qualsiasi possa essere quello che scaturirà dalle elezioni del 25 settembre - sarà costretto a confrontarsi?
Gilberto Trombetta e Filippo Burla ci mettono davanti una serie di "pozzi avvelenati" che il Governo dei Migliori ha lasciato alle sue spalle, a partire dagli strettissimi obblighi sugli scostamenti di bilancio fino alle privatizzazioni.
- Filippo Burla è membro della redazione economica del Primato Nazionale ed autore del saggio "Tornare potenza. Dieci tesi economiche per l'Italia".
- Gilberto Trombetta, giornalista e addetto stampa, è stato candidato alla carica di Sindaco di Roma per "Riconquistare l'Italia" alle scorse elezioni.
- Pietro Bargagli Stoffi, ricercatore dell'Università Politecnica di Losanna, è autore di "Uropia il protocollo Maynards", thriller distopico sul tramonto della Democrazia nella UE.
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La libertà è come l'aria... Ginevra Cerrina Feroni
Trasmissione del 25 saprile 2020
Ginevra Cerrina Feroni Professore Ordinario di Diritto Costituzionale Comparato ed Europeo, Università degli Studi di Firenze
#libertà #libertàdipensieroMDN #costituzione #informazione #app
Non si può che essere seriamente preoccupati per il futuro della democrazia nel nostro Paese e per i segnali di un inquietante deriva antidemocratica già in atto. E non si può che essere indignati al pensiero che il governo stia mettendo in fuorigioco valori costituzionali fondanti e diritti inviolabili della persona.
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LA FABBRICA DEL FALSO Vladimiro Giacchè libertà di pensiero
Trasmissione del 26 gennaio 2019
Informazione, propaganda, asimmetrie bancarie e pareggio di bilancio in costituzione
Vladimiro Giacchè @Comunardo
Perché chiamiamo democratico un Paese dove il governo è stato eletto dal 20 per cento degli elettori? Perché dopo ogni “riforma” stiamo peggio di prima? Come può un muro di cemento alto otto metri e lungo centinaia di chilometri diventare un “recinto difensivo”?
In cosa è diversa la tortura dalle “pressioni fisiche moderate” o dalle “tecniche di interrogatorio rafforzate”? Perché nei telegiornali i Territori occupati diventano “Territori”? Perché un terrorista che compie una strage a Damasco diventa un ribelle?
Che cosa distingue l’economia di mercato dal capitalismo?
Rispondere a queste domande significa occuparsi del grande protagonista del discorso pubblico contemporaneo: la menzogna.
Vladimiro Giacché ha studiato nelle università di Pisa e di Bochum (Germania) ed è stato allievo della Scuola Normale di Pisa, dove si è laureato e perfezionato in Filosofia. È partner di Sator e presidente del Centro Europa Ricerche (Roma), autore di numerose opere e saggi. I suoi libri più recenti: Titanic Europa. La crisi che non ci hanno raccontato (2012), tradotto in lingua tedesca; Anschluss - L’annessione. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa (2013), tradotto in tedesco e francese; Costituzione italiana contro trattati europei. Il conflitto inevitabile (2015).
I quesiti posti da Silvano: https://www.megliodiniente.com/1964-2/
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CALENDA GRECA
Trasmissione del 11 agosto 2022
Il "gran rifiuto" di Calenda al PD, l'equilibrismo strategico della Turchia nella guerra Russia-Ucraina, la "Troika di fatto" costituita dall'uso dei programmi di acquisto PEPP e PSPP da parte della BCE, le confessioni di Draghi sulle proprie dimissioni, la crisi di Taiwan ed altro ancora.
Ne parliamo con Fabio Dragoni, Sergio "Durezzadelvivere" Giraldo, Musso, Pietro Bargagli Stoffi.
«A un passo dall’altare, il matrimonio tra Pd e Azione non si celebrerà. Durante la trasmissione di approfondimento Mezz’ora in più, il leader del partito centrista ha rivelato di non sentirsi a proprio agio all’interno dell’alleanza voluta da Enrico Letta, nella quale “non ci sono coraggio, bellezza, serietà e amore”.
Pur “essendo una scelta sofferta“, Carlo Calenda avrebbe deciso di intraprendere un percorso di “coerenza valoriale”, perché “non si può fare un’alleanza contro“, cioè che ci si allei solo per evitare la vittoria del centrodestra, senza un piano per governare il Paese e senza una maggioranza coesa.
La comunanza di valori ci sarebbe solo con Enrico Letta ma “non con gli altri”. Dentro l’alleanza ci sarebbero due correnti. Una per un accordo di governo, l’altra per “fare un comitato di liberazione nazionale“. In caso di vittoria una parte della coalizione non avrebbe appoggiato l’Agenda Draghi abbracciata da Azione e +Europa,»
Nel frattempo, dum Romae consulitur, i dati pubblicati da Francoforte hanno certificato quanto gli operatori di mercato avevano già rilevato durante il mese: a luglio la Bce è intervenuta in misura significativa acquistando titoli pubblici italiani e contribuendo in modo decisivo al contenimento dello spread tra Btp e Bund tedesco.
Fin qui, nulla di nuovo.
Tali reinvestimenti proseguiranno però in modo differenziato. Il programma “pandemico” PEPP prevede che proseguano almeno fino al dicembre 2024. Il programma Pspp eseguirà i reinvestimenti per “un prolungato periodo di tempo dopo l’inizio del rialzo dei tassi”. Il primo programma, a differenza del secondo, prevede però un’ampia flessibilità nei reinvestimenti, sia per tipologie di titoli che per Paesi beneficiari.
Ed è proprio questa la chiave di volta per comprendere l’importanza di quanto accaduto a luglio e reso noto qualche giorno fa. Come promesso già nel consiglio direttivo straordinario del 15 giugno, dall’inizio di luglio l’Eurotower ha dirottato i proventi incassati dai titoli tedeschi ed olandesi in scadenza, verso l’acquisto di titoli italiani e spagnoli, aumentandone quindi la consistenza.
Da luglio non siamo più in presenza di una normale flessibilità, ma di una deliberata manovra i cui significativi contorni emergono dal grafico in pagina, in esecuzione delle decisioni del consiglio direttivo di Francoforte. Per offrirvi un’idea della sensibilità dei mercati verso la presenza della Bce, basta ricordare che ad ottobre e novembre 2018, l’Eurotower nell’esercizio di quella normale flessibilità, “casualmente” toccò i livelli minimi mensili di acquisto di titoli italiani e gli investitori ebbero gioco facile nello spingere lo spread ben oltre 300. Ora tale discrezionalità viene elevata all’ennesima potenza.
Questa – che è stata definita dalla Lagarde “la prima linea di difesa” per contrastare problemi nella trasmissione della politica monetaria a causa dell’allargarsi indesiderato degli spread – è la definitiva affermazione di una pesante e decisiva ipoteca sulle sorti dell’Italia. La Bce non intende generare nuova liquidità e quella necessaria per acquistare titoli italiani e quindi prevenire o mitigare indesiderati aumenti dello spread, può solo derivare dal drenaggio di liquidità operato verso i detentori di titoli tedeschi, olandesi e francesi. Si introduce così una pericolosa dipendenza, a favore di questi ultimi Paesi ed un umiliante status di Paese bisognoso viene affibbiato all’Italia. Tanto più umiliante quanto più emergerà ogni mese la correlazione diretta tra ricevitori e donatori. Ove non bastasse ci sono sempre i reinvestimenti del programma PSPP, su cui c’è però minore flessibilità.
Non è difficile immaginare le conseguenze devastanti di tali modalità operative sulle vicende politiche del Paese. Ancor più che in passato, ogni mattina gli investitori verificheranno le munizioni con cui la Bce si presenterà sul mercato dei titoli e capiranno la valutazione maturata a Francoforte sulle scelte di politica economica del governo di turno. Non ci sarà nemmeno bisogno di ricorrere al nuovo programma Tpi, per mandare chiari messaggi sulla meritevolezza degli acquisti. Infatti i 1.664 miliardi del Pepp, con una durata media di circa 7,6 anni, rendono disponibili circa 220 miliardi di rinnovi all’anno. Ben più delle emissioni del Next Generation UE e sufficienti a spaventare chiunque.
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